XIII
DOMENICA
(Tempo Ordinario -
C)
Galati
5,1.13-18
Il
tema dominante del lezionario di questa domenica è centrato sulla sequela di
Cristo e sulle sue esigenze radicali. Il vangelo di oggi ci ricorda che seguire
Cristo presuppone tre esigenze fondamentali: accettare un cammino di
insicurezza e di povertà, relativizzare i legami familiari e impegnarsi in una
decisione irreversibile.
La prima lettura
(1Re 19,16b.19-21) descrive la vocazione di
Eliseo, il discepolo "erede" di Elia. Certamente il carisma profetico
non si può trasmettere poiché lo si
riceve direttamente da Dio. La chiamata di Elia nei confronti di Eliseo bisogna
interpretarla come una specie di "investitura" ufficiale di qualcuno
che è stato previamente eletto da Dio affinché succeda ad Elia nella missione
profetica (v.16). Elia passa accanto ad Eliseo e gli butta addosso il mantello,
gesto con il quale prende il possesso della sua persona e lo associa
direttamente alla missione profetica. Il mantello di Elia simboleggia il
carisma profetico. Eliseo accetta la chiamata e chiede solo di accomiatarsi da
sua padre e da sua madre prima di seguire Elia. Elia gli concede il tempo
sufficiente, non solo per salutare i suoi genitori, ma anche perché possa
celebrare un pranzo di commiato con tutto il suo clan. La separazione e la
rinuncia nei confronti dei propri cari si produce progressivamente secondo le
norme delle relazioni sociali dell'Oriente. Alla fine, Eliseo rompe totalmente
con il suo passato, sacrifica i buoi e brucia la legna del giogo e tutti gli
altri arnesi che utilizzava per il lavoro quotidiano e "si alzò e seguì
Elia, entrando al suo servizio" (v.21).
La seconda lettura (Gal
5,1.13-18) contiene, come motivo dominate, lo stesso che si trova in
tutta la lettera ai Galati: la libertà cristiana. L'azione salvifica di Cristo
ci ha comunicato "la libertà della gloria dei figli di Dio" (Rm
8,21), poiché "Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi" (Gal
5,1). Per Paolo la libertà cristiana non è semplicemente un concetto ma è un
fatto di coscienza ed un'esperienza spirituale. Per Paolo essa è una realtà che
ha due volti: "libertà da"
e "libertà per". Libertà
dal peccato (Rm 6,18-22), dalla morte fisica e spirituale (Rm 6,22-23), dalla
"carne", cioè dalle passioni egoistiche che dominano l'uomo (Gal
5,16-21) e libertà dalla legge, cioè da ogni norma o esigenza esteriore, la
quale può avere solamente un ruolo pedagogico e transitorio per l'uomo redento
da Cristo (Gal 3,19-22). La libertà cristiana ha anche un significato più
positivo che mette in evidenza l'aspetto più ricco dell'essere libero:
"Voi infatti, fratelli, siete stati chiamati a libertà. Purché questa
libertà non divenga un pretesto per vivere secondo la carne, ma mediante la
carità siate a servizio gli uni degli altri" (Gal 5,13). L'ultima
espressione è la traduzione di una frase greca molto più forte: doulèuete allēlois, cioè
"siate schiavi gli uni degli altri". La libertà cristiana è una
libertà per amare, una libertà che serve ad orientarsi mediante una scelta
personale ed autonoma, verso un agire segnato dalla carità e dal servizio agli
altri. La libertà cristiana è la più esigente delle vocazioni, perché è una
chiamata all'amore e non c'è niente di più esigente che l'amore (Gal 5,14).
La
vita cristiana, per tanto, non si identifica con la schiavitù del peccato e
della carne, Né nemmeno con una religiosità basta in norme e leggi. La vita del
cristiano non si fonda né nei "doveri", né in "reazioni
carnali", ma nella gioia libera e totale dell'amore. Paolo ricorda questa dimensione fondamentale del
cristianesimo ai Galati, che sono tentati di cadere nella doppia schiavitù
prodotta dall'impero pagano della "carne" e dall'impero
pseudoreligioso della "legge". L'autentico discepolo di Cristo,
invece, è un uomo libero che aderisce a Dio con tutto il suo cuore e tutta la
sua anima. E' un uomo che ha demolito l'impero della carne e della legge per
lasciare agire lo Spirito.
Il vangelo (Lc 9,57-62) racconta l'incontro di Gesù con tre
personaggi anonimi durante il suo viaggio verso Gerusalemme. La strada verso
Gerusalemme, oltre a presentare un aspetto nuovo della missione di Gesù,
chiarisce ed illumina le sue esigenze in rapporto alla sequela dei suoi
discepoli, i quali sono chiamati a seguirlo nel cammino che lo porta verso il
suo destino di passione, morte e resurrezione (Lc 9,51). Vediamo separatamente
l'incontro con ciascuno di questi personaggi.
Primo personaggio. - Si avvicina a Gesù
e si offre senza condizioni a seguirlo: "Ti seguirò dovunque tu vada"
(v.57). L'offerta è sorprendente in quanto contraddice la prassi abituale
dell'ambiente giudeo, nel quale era il maestro che offriva ai discepoli una
certa stabilità e allo stesso tempo contraddice anche la prassi di Gesù, il
quale prendeva l'iniziativa di eleggere i suoi discepoli. In ogni caso, la
risposta di Gesù, in tono chiaramente sapienziale, lo pone di fronte al suo
cammino segnato dall'insicurezza, l'incertezza e la precarietà, situazioni che
inevitabilmente toccheranno anche a chi lo segue. La sua sorte non si può
neppure paragonare a quella delle volpi e degli uccelli del cielo che
possiedono uno spazio di sicurezza (Sal 84,4; 104,12.17). Gesù è il Figlio
dell'uomo che si dirige verso un destino di rifiuto, di sofferenza e di morte e
chi desidera seguirlo deve essere cosciente di tale sfida. La vocazione a
seguire Gesù esige disponibilità nell'accettare l'insicurezza che il cammino
del Maestro suppone, e decisione ferma per rinunciare a qualsiasi appoggio e
sicurezza materiale al di fuori di Dio.
Secondo personaggio. - Il secondo
personaggio, a differenza del primo, riceve da Gesù la proposta di seguirlo.
Prima di dare una risposta questo nuovo interlocutore chiede a Gesù una specie
di "proroga", apparentemente legittima: "Signore, concedimi di
andare a seppellire prima mio padre" (v.59). Nell'ambiente giudeo,
l'obbligo di un figlio nei confronti di un padre defunto era addirittura
qualcosa di sacro. Gesù risponde con un mashal,
o detto sapienziale, in forma di contrasto: "Lascia che i morti
seppelliscano i loro morti" (v.60). I "morti" sono coloro i
quali non hanno accettato la chiamata di Gesù, né l'annuncio di vita che
presuppone la venuta del Regno. Sono, pertanto, senza vita. Gesù, invece,
invita il discepolo a seguirlo, rivelando il carattere esigente, radicale ed
irreversibile della chiamata: "tu va' e annunzia il regno di Dio".
Chi segue Gesù deve essere disposto a porre in secondo piano gli affetti e i
legami umani. Lasciarsi intrappolare dai rapporti di parentela, a tal punto che
impediscano una disponibilità totale nei confronti del Regno di Dio, significa
rimanere nella morte. Per questo Gesù in un altro testo dice: "Se uno
viene a me e non odia suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le
sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo" (Lc
14,26).
Terzo
personaggio. - Il terzo personaggio si offre spontaneamente a seguire Gesù,
come il primo, ponendo però una condizione: "Ti seguirò, Signore, ma prima
lascia che io mi congedi da quelli di casa" (v.61). Si dirige a Gesù
chiamandolo "Signore", titolo che nel vangelo di Luca indica la
condizione gloriosa di Cristo Risorto; perciò questo personaggio incarna in
qualche modo il discepolo che desidera seguire Gesù nella comunità ecclesiale
dopo la Pasqua. La risposta di Gesù, in sintonia con le due precedenti, è
lapidaria: "Nessuno che ha messo mano all'aratro e poi si volge indietro,
è adatto per il regno di Dio" (v.62). La scena ricorda la chiamata di
Eliseo e la supera in quanto alle esigenze (1Re 19,16b-19.21): Eliseo deve
seguire Elia; il discepolo seguendo Gesù s'impegna nel progetto del Regno di
Dio. La chiamata si condensa nell'adesione al Regno, ed è presentata con
l'immagine del contadino che avendo cominciato ad arare non può più voltarsi
indietro. Chi è chiamato s'impegna senza dubitare ed entra in un dinamismo di
vita e di fedeltà radicale ed irreversibile.
Il
vangelo non dice se questi tre personaggi seguirono finalmente Gesù. Ogni
lettore del vangelo dovrà dare la sua propria risposta alla chiamata e alle
esigenze del Maestro. Seguirlo è l'impresa più affascinante e più radicale che
un uomo può portare avanti in questo mondo. La causa di Gesù è la causa di Dio
e dell'uomo, e seguirlo significa impegnarsi con la sua stessa missione e
destino. Per questo la sequela di Gesù, che si identifica con l'impegno per il
Regno, esige tutto. Chi vuole seguire Gesù non può anteporre a questa vocazione
nessun dovere, nessuna attività, nessun affetto. Il discepolo cristiano vive
senza "nidi" né "tane" che gli diano sicurezza, libero da
ogni affetto schiavizzante e senza nessuna nostalgia del passato.