LE TENTAZIONI DI GESU': (Lc 4,1-13)
Questo testo evangelico ci riferisce una dimensione misteriosa ma reale
nella vita e nel ministero di Gesù: la
tentazione. In realtà, la tentazione non è un'istigazione al male, né
costituisce di per sé un peccato, ma risulta un momento imprescindibile
nella vita di ogni uomo, attraverso la quale vengono sottomessi a prova la
propria identità e le proprie scelte. La tentazione appartiene al cammino
umano. Il testo evangelico è anch'esso, in un certo modo, una
proclamazione della fede: alla fiducia indistruttibile di Cristo nella
Parola di Dio, con la quale elabora tutte le sue risposte al diavolo, si
unisce la fede della Chiesa che riconosce in Gesù il Messia di Dio.
Il racconto delle tentazioni, in Luca, appare intimamente unito
alla presentazione della genealogia che l'evangelista ha fatto di Gesù
alla fine del terzo capitolo; genealogia che si conclude con la menzione
di Adamo (Lc 3,38). Il fatto che Gesù sia discendente di Adamo ci ricorda
la tentazione del giardino dell'Eden, in Genesi 3, prototipo di ogni
tentazione, inclusa quella di Gesù. A differenza di Adamo, Gesù supera
la prova dimostrando la sua adesione obbediente e filiale a Dio. Anche lo
scenario delle tentazioni ha la sua importanza: Gesù è nel deserto, dove
è stato condotto dalla Spirito (v.1). Il deserto ricorda il cammino di
purificazione d'Israele, costantemente tentato di ritornare in Egitto e
che pone molte volte in dubbio la bontà di Dio. Il deserto è il luogo
della tentazione, dell'auto-comprensione della propria identità; è però
anche lo spazio per affermare la fedeltà in Dio come unico assoluto. Gesù
passa qui quaranta giorni (v.2), un periodo di tempo che ricorda che
ricorda i quarant'anni del cammino d'Israele nel deserto, i quaranta
giorni di Mosè sul Sinai prima di ricevere i dieci comandamenti (Es
34,28) e i quaranta giorni del cammino di Elia verso il monte Oreb
all'incontro con Dio. E' un tempo decisivo, un periodo di prova e di
preparazione. Gesù digiuna, privandosi dell'alimento necessario,
esprimendo così la sua fiducia e la sua obbedienza in Dio, considerato
come l'unico datore di tutti i beni (Dt 8,1-3). Il vangelo parla di un
agente esterno della tentazione e lo chiama "diavolo", in greco diabolos,
cioè, colui che divide e separa. Il diavolo rappresenta ogni realtà che
invita l'uomo adintraprendere un cammino che lo allontani dalle vie del
Signore e dal suo progetto di salvezza.
Le "tre" tentazioni di Gesù non sono che una sola
tentazione: la tentazione di abbandonare il messianismo umile ed
obbediente in favore degli uomini e intraprendere un cammino di gloria, di
potere e di autosufficienza umana. L'invito perverso a trasformare la
pietra in pane corrisponde alla seduzione del messianismo
economico, che si riduce alla mera soddisfazione delle necessità
materiali del popolo, servendosi dei
più poveri per il proprio interesse (cf. Gv 6,14-15); la seconda
tentazione, allorquando Gesù è condotto su un punto alto per vedere
tutti i regni sui quali avrebbe avuto potere, corrisponde al messianismo
politico, che si riduce alla lotta per il potere terreno in questo
mondo, dominando e vincendo i propri
nemici. Gesù si serve della Scrittura per vincere questo drammatico
momento. Alla prima tentazione risponde affermando la sua totale fedeltà
a Dio: "Non di solo pane vive l'uomo" (Dt 8,3); alla seconda,
proclamando il potere unico ed assoluto di Dio: "Solo al Signore dio
tuo ti prostrerai, lui solo
adorerai" (Dt 6,13).
La suprema prova messianica è la terza, che vede come scenario
precisamente Gerusalemme, la città verso la quale si orienta l'intero
vangelo di Luca e lo stesso cammino di Gesù (Lc 9,51ss; Lc 23,35-43). A
Gesù gli si suggerisce di realizzare un salto grandioso dal pinnacolo del
Tempio di Gerusalemme, cioè, che mostri un messianismo
spettacolare, fatto di prodigi straordinari che lo porteranno ad avere
grande fama e gloria personale. E' questa l'autentica "ultima
tentazione" di Gesù: rifiutare il suo destino ultimo, cioè, il
raggiungimento della salvezza attraverso la povertà estrema della croce.
Gesù rinuncerebbe così alla sua perfetta fiducia-obbedienza al Padre.
Tuttavia, Gesù rispettando la libertà sovrana di Dio e del suo progetto
salvifico, pronuncia il "si" definitiva al Padre e si abbandona
totalmente al suo destino. Per Luca, il terrore verso la morte è la
tentazione massima che Gesù supererà, come è affermato nel racconto
della passione. Il testo, in effetti, dice che "il diavolo si
allontanò da lui per ritornare al tempo opportuno" (v.13), cioè,
fino al momento della sofferenza e dell'angoscia della Passione, che Luca
chiamerà "l'impero delle tenebre" (Lc 22,53), quando
"Satana entrò in Giuda, detto Iscariota" (Lc 22,3). Gesù si
mantiene fermo proclamando la sua fedeltà assoluta e la sua fiducia
indistruttibile nelle vie del Padre: "E' stato detto: Non tenterai il
Signore Dio tuo" (Lc 4,12).
Gesù diventa così l'emblema luminoso della fede biblica, cioè,
il modello dell'adesione piena e totale a Dio e alla sua volontà. Le
tentazioni di Gesù ricapitolano la storia di Adamo e la storia d'Israele,
che invece di mantenersi fedeli a dio si ribellarono. Il racconto,
tuttavia, allude anche al futuro della comunità cristiana. Questo testo
non pretende solamene informare il lettore circa le prove sofferte da Gesù,
ma è una pagina di catechesi che ci invita a stare attenti a non cadere
nelle attuali tentazioni del potere, del materialismo e della religione
costruita sulla base di miracoli spettacolari e di sentimentalismi
sterili. Il vangelo di oggi ci esorta ad una fede forte, basata nella
Parola di Dio ed espressa nell'obbedienza e nella fiducia nel progetto che
Dio ha sulla nostra vita.
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